Cinque domande a Xenia Prelz

Xenia, mi racconti un episodio particolare che ci parli di come è iniziata la tua relazione con il cane?
“E’ stato quando mio padre mi ha portato da Budapest una” foxina” tutta arruffata e me l’ha messa in braccio. Avevo cinque anni. Mi ricordo che l’ho chiamata Susi ed è diventata la mia unica ed inseparabile compagna di giochi, in quella casa solitaria, dove vivevamo in tempo di guerra.  La vestivo, la mettevo nella carrozzella… ero una bambina sola con Susi. è stata l’unica amica della mia infanzia.
Posso senz’altro affermare che la vicinanza dei cani è stata costante durante tutta la mia vita.
Intorno ai miei quarant’anni sono venuta a vivere a Campagnano. Era il periodo nel quale mi stavo separando da mio marito. A quell’epoca mi sono dedicata ai cavalli per una decina d’anni. Comunque anche allora mi occupavo “abbondantemente” di presenze canine.
Nell’85 ho aperto la pensione per cani e i trovatelli hanno cominciato ad aumentare, finché ho deciso di fare qualcosa che potrà garantire a loro un futuro, per quando io non potrò più occuparmene direttamente. è così che nel 2000 nasce la Fondazione Prelz.”

Perché una Fondazione?
Mi lascia sperare che nel futuro il mio lavoro, diciamo la passione della mia vita, avrà un seguito.
Qui ci sono due attività. La Pensione che fornisce ai cani più fortunati un luogo sicuro, quando i padroni si allontanano o non sono più in grado – per vari motivi – di occuparsi di loro.
La Pensione aiuta la Fondazione ad occuparsi dei randagi.
In particolare privilegiamo le femmine e i cucccioli che sono i più vulnerabili. Li alleviamo, li curiamo, li sterilizziamo e cerchiamo loro un’adozione. Con il tempo ho costruito una Clinica veterinaria, che mi consente di curare e sterilizzare i cani in loco e fornire anche un servizio analogo alle associazioni e ai gruppi di volontariato, in maniera che possano usufruire dei nostri servizi veterinari con un modesto rimborso delle spese vive.

Qual è il tuo sogno per il suo futuro?
Mi piace pensare che tutto questo impegno possa continuare. Fornire un aiuto verso chi ha più bisogno nel tempo che verrà. Voglio sperare che il randagismo si riduca, che le campagne di sensibilizzazione aumentino, che la coscienza e il senso di civiltà degli umani possa migliorare.

Quali suggerimenti daresti con la tua grande esperienza ai padroni dei cani, perché non umanizzino troppo il loro compagno e allo stesso tempo se ne prendano cura in modo equilibrato?
Rispettare la loro natura, sono cani e non bambini. Sembra un concetto semplice e riduttivo, ma non lo è. Fa parte del rispetto che dobbiamo agli “altri”, (cani e umani) che ogni giorno di più, pare si stia affievolendo.

Cosa significa abbandonare?
Essere dei vigliacchi. Che vale anche nella vita: non volersi assumere la propria responsabilità.
In questi anni ho assistito personalmente a scene pietose: persone in grado di raccontare storie “strappacore” pur di riuscire a “mollare” il povero cane diventato improvvisamente un ingombro.
Io non dico “non abbandonatelo”, perché chi lo vuole abbandonare, lo farà comunque, ma dico in modo chiaro e senza mezzi termini: “pensateci bene prima di prendere un cane”.

 

​di Erika Sartori